Muriel Mirak-Weissbach
Di Leonardo Servadio Agosto 1, 2025
Quello degli Armeni è spesso considerato come il primo genocidio del secolo XX. Cominciato dall’aprile 1915, e dispiegatosi con forza negli anni successivi fino al 1918.
Dovunque si trovassero nel vasto territorio dell’impero, agli Armeni vennero confiscate le proprietà e le loro famiglie vennero convogliate in marce per lunghi trasferimenti nel corso dei quali morivano di stenti o erano semplicemente uccise.
A quel tempo l’impero ottomano era alleato della Germania e già dal 1913 un’importante missione militare tedesca era stata inviata per cercare di riorganizzare le forze turche, dopo la loro sconfitta nelle guerre dei Balcani (1912-14). Tra gli alti ufficiali della missione tedesca, il più importante era il generale Otto Liman von Sanders. Una figura tanto rilevante da trovarsi a rivaleggiare col personaggio emergente dei Giovani Turchi nonché ministro della Difesa, poi ministro della Guerra, Enver Pasha, di lui più giovane e relativamente inesperto sul piano militare.
Quando i Turchi decisero di attaccare i Russi con una spedizione che prese avvio nel novembre 1914, all’inizio della prima guerra mondiale, Enver Pasha chiese a Liman di comandarla: lui rifiutò, conscio dell’impreparazione delle truppe turche, Quella decisione aprì il suo conflitto personale con Enver Pasha: come in tutte le guerre, lo scontro maggiore nasconde tanti altri conflitti personali in cui di solito i più crudeli ed efferati hanno la meglio.
Liman poco più tardi accettò di guidare la forza, composta da militari tedeschi, turchi e austriaci che nella battaglia di Gallipoli (aprile 1915-gennaio 1916) prevalse sugli alleati occidentali, così impedendo loro di superare lo stretto dei Dardanelli per occupare Istanbul, come avrebbero voluto.
La vittoria di Gallipoli venne attribuita a Mustafa Kemal, il leader dei Giovani Turchi, non a Liman. Pur alleati, c’era rivalità tra i militari tedeschi e quelli turchi, e ovviamente discordanze su tante questioni. Vi fu particolare rivalità sulla politica di sterminio messa in atto dai Giovani Turchi verso gli Armeni come anche verso i civili greci presenti sulla penisola di Gallipoli e nelle isole dell’Egeo.
Liman si distinse per essersi opposto, in diverse occasioni nel corso del conflitto, sia alla deportazione degli Armeni sia alla persecuzione della popolazione greca.
La sua storia è raccontata in un dettagliato e documentatissimo libro scritto da Muriel Mirak-Weissbach, A German General and the Armenian Genocide: Otto Liman von Sanders Between Honor and State, recentemente uscito in inglese per i tipi di Berghahn (pagine 220, dollari 135,00).
Il libro ha uno scopo preciso: dimostrare che Liman salvò dal genocidio migliaia di Armeni e che pertanto è meritevole di essere considerato nel novero di coloro che hanno difeso la vita e la dignità umana pur nel mezzo di atrocità perpetrate dal potere prevalente. A Liman poco dopo la fine del conflitto era effettivamente stato attribuito tale merito, e nel cimitero di Altfriedhof di Darmstadt, dove la sua tomba reca l’iscrizione “Eroe di Gallipoli” alle sue spoglie, anni dopo la sua morte avvenuta nel 1929, fu concessa la “sepoltura d’onore” riservata a persone di valore esemplare. Ma nel 2015 tale onore gli fu tolto perché una Commissione di Esperti convocata dal sindaco di Darmstadt dichiarò che Liman sarebbe stato coinvolto “almeno indirettamente” nel genocidio degli Armeni e che fosse stato insignito di tale onorificenza solo per motivi militari.
La Mirak-Weissbach, per nascita statunitense ma figlia di due rifugiati armeni i cui genitori furono uccisi nel corso del genocidio perpetrato dai Giovani Turchi, ha desiderato rendere onore a questa persona che ha difeso il suo popolo e, nello scrivere il volume, ha reso anche una preziosa testimonianza storica sull’ambiguità dilacerante che accompagna eventi tragici come le guerre, quando eroismo e codardia, rigore morale e vile tradimento si mescolano in intrighi in cui distinguere il grano dal loglio risulta a volte difficilissimo se non impossibile.
Ci furono militari tedeschi che si opposero al genocidio armeno, mentre altri chiusero gli occhi e alcuni parteciparono attivamente. Liman si oppose: da militare, usava argomenti militari mentre si rivolgeva ad altri militari o alle autorità civili. Né poteva fare altrimenti poiché in quanto militare gli era vietato occuparsi di questioni politiche. Che senso ha sindacare sulle sue intenzioni recondite? Chi può dire che non utilizzasse quegli argomenti proprio perché erano i più efficaci per ottenere l’obiettivo? E che senso ha vagliare le intenzioni laddove ben più rilevante di esse è il risultato ottenuto? Si sa che di per sé spesso le intenzioni vogliono dire ben poco, e non a caso si dice che di esse “è lastricato l’inferno”. Lo stesso Oskar Schindler, membro del partito nazista, alla fine degli anni ’30 prese ad assumere ebrei sottopagati nella sua fabbrica di munizioni con cui peraltro contribuiva allo sforzo bellico tedesco. Ma il fatto è che, a prescindere dall’ideologia che lo animò all’inizio del conflitto, riuscì a salvare centinaia di Ebrei nella sua fabbrica: è il risultato quel che conta. Dopo la guerra Schindler fu considerato un eroe.
Poco dopo la fine del conflitto Liman fu catturato dai britannici a Malta mentre su una nave stava tornando in Germania, e fu tenuto per mesi in prigione, senza una ragione dichiarata. Alla fine fu rilasciato, senza spiegazioni. Pare vi fossero anche pressioni francesi per tenerlo prigioniero, e qualcuno fece circolare calunnie, sulla stampa sia britannica sia francese, in merito a una sua possibile partecipazione al genocidio armeno. Le accuse non furono mai provate e mai s’è chiarito perché fosse stato tenuto prigioniero.
Resta il fatto che la Mirak-Weissbach dimostra con rigore storico che sin dal 1915, per tutto il periodo in cui si trovò a Smirne nel 1916 e in seguito fino alla fine della guerra Liman salvò migliaia di Armeni e contrastò la politica genocida verso la popolazione greca.
Quando, in anni successivi, fu interrogato riguardo alla condotta dei suoi colleghi ufficiali tedeschi, evitò di denunciare la complicità nel genocidio di alcuni di loro. Agì così nel rispetto del codice d’onore militare nonostante in questo caso entrasse in conflitto con la giustizia. Molti critici lo denunciano come complice dei massacri, in quanto ha “protetto” i suoi commilitoni. Pesano bassi sospetti, probabili frutti di invidie e tensioni personali. Ma ha senso che questi contino di più della salvezza offerta a tanti? Proteggendo milgiaia di Armeni, Liman permise loro di costituire tante famiglie radicate nella tradizione del primo popolo che adottò il cristianesimo come propria religione, nel 301 a. D.
E dimostrò che si può fare del bene pur senza eludere i margini della disciplina cui si è soggetti.